Inferno - Canto I

Inferno - Canto I

Inferno - Canto I

Nella notte fra il giovedì santo, 7 aprile 1300, e l’alba del venerdì santo, 8 aprile, Dante si perde in una selva oscura. Egli ha 35 anni, è a metà della vita, se si considera la durata di essa (per la Bibbia: 70 anni i forti). È a questo punto cruciale dell’esistenza che si smarrisce in una valle tenebrosa, quella del peccato; è pieno di sonno (l’indifferenza morale), a causa del quale Dante non riesce a spiegare come entrò in quella selva dalla quale solo la Grazia divina può salvarlo (purché l’uomo si apra all’opera della Provvidenza). Ed ecco il colle “dilettoso” apparire ai suoi occhi proprio nel momento della disperazione, ma tre fiere si frappongono tra lui e la salvezza: una lonza, un leone e una lupa, rispettivamente allegorie della sensualità, della superbia e dell’avidità. La terza belva, causa di tutti i mali del mondo, quindi peggiore e più pericolosa della stessa superbia e dei sensi, gli fa perdere la speranza dell’altezza. Ma ecco la Bontà divina accorrere in suo aiuto, perché il pentimento di Dante è sincero.
Appare, sulla cima del colle, Virgilio (che Dante sceglie a emblema della ragione, ma anche perché nel Medioevo il poeta latino era ritenuto un profeta della venuta di Cristo: e si leggano i versi 64-73 del XXII canto del Purgatorio). Virgilio indica nella cupidigia un pericolo mortale per l’essere umano, perché dalla brama di possesso nascono altri mali («molti son li animali a cui s’ammoglia», v. 100). Ma giungerà infine il Veltro, che la scaccerà lontano, fino a rimetterla nell’Inferno da cui Lucifero (l’invidia prima) la fece uscire. Su questo enigmatico Veltro si sono versati fiumi di inchiostro onde individuare il grande protagonista della restaura- zione morale. Fuori di metafora e di riferimenti indimostrabili, bisogna pensare a una forza di rinnovamento evangelica, spirituale, che è – secondo Dante – prossima a venire.
Io ritengo, per il tuo meglio, spiega Virgilio, che tu debba seguirmi in un viaggio in cui ti sarò guida sicura, dove tu vedrai le genti dolorose ch’hanno perduto il ben dell’intelletto (in Inferno) e quelle che sono contente di purgarsi nel fuoco perché le attende, dopo l’espiazione nella speranza (il Purgatorio), il premio della letizia eterna in Paradiso.
Il poeta latino avverte Dante che per il terzo regno gli sarà maestra un’anima più degna di lui (Beatrice). Il Pellegrino acconsente, chiedendogli, proprio in nome di quel Dio che Virgilio non conobbe, di salvarlo dal male presente e da quello peggiore che aveva alle spalle, ancora minaccioso attraverso le tre belve. Il Maestro si incammina, e Dante, in silenzio, ma pieno di speranza, lo segue.