Un aperitivo con Beatrice

Un aperitivo con Beatrice

Giuliana Poli intervista Daniela Ciacci

Ond’ella, che vedea me sì com’io,
a quietarmi l’animo commosso,
pria ch’io a dimandar, la bocca aprio,

a cominciò: “Tu stesso ti fai grosso
col falso imaginar, si che non vedi
ciò che vedresti se l’avessi scosso.

(Paradiso, I, 85-90)

La vera libertà è comunione e condivisione di un linguaggio. Dal grande dono dei gesti e del suono che poi è voce che diventa parola, nasce la comunicazione e quindi il genere umano. Nei versi scelti da Daniela Ciacci, non siamo sulla terra, ma in Paradiso, dove Beatrice non comunica la parola, ma comprende il pensiero di Dante sulla base delle onde di luce che da lui promanano. Il canto dei cieli rappresentano l’armonia cosmica e Beatrice, la grande anima Sapiente, rivelerà alla purezza del cuore, le vere origini dell’uomo; insegnerà l’amore universale, l’amore-luce che fluisce sempre ed ovunque, depurato da ogni egoismo, dove l’essere amato diviene non il fine dell’amore (c’è un distacco dalla logica dei sensi), ma il mezzo dell’esperienza d’amore e quando questa esperienza ha luogo, la donna e l’uomo terreni finiscono per “perdersi” in un mondo superiore e chi è già dentro questo mondo, vibra ancora di più. L’Amore trova Amore ed ama se stesso. Dante attraverso il canto di Beatrice sente questo rapimento, quando ode il movimento delle sfere celesti che lo fanno retrocedere, alla fonte prima della vita. Nella contemplazione della Rosa celeste, l’Amore porterà l’iniziato con una sorta di volo verso l’alto, verso l’immanenza.

Il linguaggio di Beatrice è silente. Lei comunica con il Poeta attraverso la coscienza della leggerezza della luce, la verità assoluta, che nulla ha a che fare con le false immagini della mente che si hanno quando si è in terra. In quanto esistenti, noi accadiamo in un universo di forme. Per quanto possiamo intuire l’energia e la vita, l’essere terreno si concretizza come forma. Non è pensabile per l’uomo un esistente senza una specifica forma. L’essere metafisico invece non ha alcun segno o immagine, se avesse segno o simbolo implicherebbe comunque un limite o contraddizione. L’Essere intelligenza è pura luce che sa leggere dentro un’immagine, sa riconoscere quella spinta e quell’energia che è contenuta nel segno. L’immagine è l’alfabeto necessario a qualsiasi energia. Ma quale immagine riconosce l’Intelligenza? Solo quella che le appartiene. Beatrice sa leggere Dante perché è Suo e lei invita lui a guardare lei e riconoscerla nell’ anima. Lo invita ad imparare a guardare al di la del corpo e questo lo renderà libero. Essere libero significa quindi non vedere l’immagine, ma la sua essenza e questo “concetto” è la verità e quindi libertà. Si crea come scrive Daniela Ciacci, un rapporto inversamente proporzionale, proprio perché implica l’immagine e l’anima. L’immagine illusoria terrena è importante in terra poiché è il punto di mediazione tra i due mondi perché specchio dell’anima. Nel Paradiso invece cambia la visione e lo specchio crolla, non è indispensabile ed il riconoscimento agisce solo attraverso Intelligenza della luce. Ed in questa intesa estrema vi è la libertà. In questo importante verso scelto dall’imprenditrice marchigiana, si ricrea tra Dante e Beatrice la coppia filosofica. Lei vede lui e lui ascolta lei poiché appartengono alla stessa immagine e alla stessa grande anima.

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Giuliana Poli, ricercatrice di antropologia culturale, scrittrice di Tradizione, scrittrice di monografie e testi su opere d’Arte, analista ed esperta d’iconografia ed iconologia di opere d’arte. Analisi semantica del linguaggio dell’Arte e della parola.