Tra Lerice e Turbìa la più diserta,

la più rotta ruina è una scala,

Lerici si affaccia sul golfo della Spezia: qui Dante individuava il limite orientale della Liguria, quello occidentale era per lui a Turbia (ora La Turbie, in Francia).

Il caratteristico paesaggio ligure, tra ruine, dirupi e strapiombi a picco sul mare, nella Commedia aiuta nella descrizione di passaggi difficili, per esempio le ripide scale ai piedi della montagna del Purgatorio:

Noi divenimmo intanto a piè del monte;

quivi trovammo la roccia sì erta,

che ’ndarno vi sarien le gambe pronte.

Tra Lerice e Turbìa la più diserta,

la più rotta ruina è una scala,

verso di quella, agevole e aperta.

(Purgatorio, III, 46-51)

Andando verso le Alpi apuane, si costeggia l’eremo di Santa Croce al Corvo dove Dante è forse passato tra la fine del 1314 e l’inizio del 1315; la notizia non è certa, si trova in una lettera trascritta da Boccaccio ma discussa dai dantisti. Probabilmente apocrifa, fu inviata da un tale frate Ilaro a Uguccione della Faggiuola. Asserisce che l’Inferno era stato dedicato a Uguccione, il Purgatorio a Moroello Malaspina, il Paradiso a Federico III. Anche se non sono notizie certe, l’idea di Dante che consegna al frate una copia autografa dell’Inferno ha un certo fascino.

Oltre il [fiume Magra], come detto, per Dante era il limite occidentale del vasto seno del Mediterraneo: da un lato la Spagna, e dall’altro il confine tra Liguria e Toscana:

Di quella valle fu’ io litorano.

tra Ebro e Macra, che per cammin corto

parte lo Genovese dal Toscano.

(Paradiso, IX, 88-90)

Siamo nella regione storica della Lunigiana la cui capitale, Luni, al tempo era popolosa e fiorente. Cacciaguida la mette tra le città decadenti:

Se tu riguardi Luni e Orbisaglia

come sono ite, e come se ne vanno

di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia

(Paradiso, XVI, 73-75)

In effetti solo Luni, tra queste città, decadde effettivamente. Fu abbandonata nell’XIII secolo per la malaria. La sua popolazione dovette trasferirsi nella vicina Sarzana e così fecero i vescovi di Luni, pur conservando il nome della città nel titolo.

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Leggere nel Golfo dei poeti

Il porto della Luna

Poeti italiani e non italiani tra cui Petrarca e Montale, i coniugi Shelley e Byron, giustificano il nome del Golfo dei Poeti assegnato alla costa tra Lerici e Portovenere. Nell'orazione funebre per lo scienziato e poeta Paolo Mantegazza fu il drammaturgo Sem Benellli a declamare, sembra per primo: "Beato te, poeta della scienza, che riposi in pace nel golfo dei poeti!". Pochi anni dopo, nella sua lirica Notte nel golfo dei poeti, consolidò la definizione già radicata sulla costante presenza di poeti lungo questa costa e sul ricorrere di citazioni delle relative località nei loro versi. Il "porto della Luna" ricorre già in Tito Livio (Ab urbe condita) e nei versi di Quinto Ennio (Annales) sino al Novecento. Anche Ezra Pound, tra gli altri, soggiornò lungamente nel Tigullio.