Vieni a veder la tua Roma che piagne

vedova e sola, e dì e notte chiama

Roma è la prima città citata nella Commedia; nel I canto dell’Inferno Virgilio appare a Dante (61-69) e gli dice: «vissi a Roma sotto il buon Augusto». Tra le molte menzioni dantesche della città eterna c’è anche quella del viaggio “oltremondano” di Enea, definito «padre de l’alma Roma» (Inferno, II, 20).

Ma la Roma del 1300 per Dante era «vedova e sola» (Purgatorio, VI, 113) perché priva sia del papa che dell’imperatore. Nel 1300, Bonifacio VIII risiedeva nella sua Anagni e anche mentre Dante scrive la Commedia la sede papale è ad Avignone.

L’imperatore Alberto I d’Asburgo (Alberto Tedesco), intento nelle lotte politiche in Germania, trascura gli affari della città. Nella celebre apostrofe all’Italia del VI canto del Purgatorio («Ahi serva Italia, di dolore ostello», 76), infatti, Dante si appella così all’imperatore:

Vieni a veder la tua Roma che piagne

vedova e sola, e dì e notte chiama:

“Cesare mio, perché non m’accompagne?”

(Purgatorio, VI, 112-114)

Roma è sede del papato ma anche punto di riferimento per l’atteso risorgere dell’impero. È per Dante un modello civile di convivenza tra potere temporale e spirituale, che devono restare distinti come sostiene sia in Convivio che in Monarchia.

Nella Commedia lo fa dire a Marco Lombardo, penitente nel girone degli iracondi, che parla della necessaria collaborazione “tra i due soli”, responsabili del bene terreno e di quello spirituale:

Soleva Roma, che il bel mondo feo,

due soli aver, che l’una e l’altra strada

facean vedere, e del mondo e di Deo.

(Purgatorio, XVI, 106-108)

Dante, nel Convivio (I, iii), definisce l’amata Firenze «bellissima e famosissima figlia di Roma» e sempre a Roma papa Bonifacio VIII proclamò il primo Giubileo della storia.

Siamo nel 1300. Dante, che partecipò all’evento, sceglierà proprio quell’anno per l’ambientazione della Divina Commedia.

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Leggere di Roma

Roma, la narrazione, il cinema

"Più che in tanta letteratura [ ... ] l’immagine attuale di Roma sembra fissata da due film molto diversi del 2013, tutti e due adeguatamente premiati: Sacro GRA di Gianfranco Rosi, sulla vita larvale che dentro e accanto al Grande Raccordo Anulare ruota intorno alla città, nel giro interminabile delle auto, tra gli scarti di una natura espunta e di un’industria senza obiettivo, e La grande bellezza di Paolo Sorrentino, sul consumo che un dinoccolato snobismo intellettuale continua a fare degli splendori di una città che la macchina da presa depura dalle sue folle e dai suoi abitanti più dimessi e 'normali'" (estratto da G.Ferroni, L'Italia di Dante. Viaggio nel Paese della Commedia, La Nave di Teseo, Milano 2019).